Com. 8 Condominio, Fisco immobiliare – informa “Quote e terreni, le insidie dell’affrancamento”

LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA

Quote e terreni, le insidie dell’affrancamento

È una scorciatoia collaudata, ma non priva di insidie, quella che consente ai soggetti non operanti in regime d’impresa di sottrarre all’imposizione Irpef progressiva le plusvalenze latenti maturate su aree e partecipazioni. La possibilità, oltre ai terreni, riguarda sia le partecipazioni qualificate che non (purché non quotate) e richiede il versamento di un’ imposta fissa dell’8% sul valore di mercato dei beni. La legge di Bilancio 2017 (comma 554 dell’unico articolo) prevede questa facoltà fino al prossimo 30 giugno 2017, riproponendo le medesime norme già più volte disposte in passato (a partire dagli articoli 5 e 7 della legge 448/2001). L’applicazione di norme simili in anni precedenti ha spesso portato in giudizio i contribuenti e l’agenzia delle Entrate, creando una giurisprudenza che, sui temi principali, può oramai dirsi costante. I requisiti per poter accedere a questa nuova possibilità sono due: possedere – non in regime d’impresa – il bene oggetto di affrancamento alla data del 1° gennaio 2017; far asseverare la perizia di stima dai soggetti qualificati indicati dal legislatore entro il 30 giugno 2017, termine ultimo per il pagamento della prima (o unica) rata dell’imposta sostitutiva. Se si sceglie il pagamento rateale, le rate successive alla prima vanno determinate aggiungendo il 3% annuo di interesse, e scadono il 30 giugno 2018 e il 30 giugno 2019. In caso di successiva cessione, non si paga nulla fino a un importo del corrispettivo pari al valore periziato. Invece, sull’eccedenza (al netto dei successivi costi incrementativi e, per i terreni, della rivalutazione Istat del valore affrancato), scatta la tassazione prevista a regime per le plusvalenze. I destinatari della misura, quindi, sono in particolare persone fisiche, società semplici, associazioni professionali ed enti non commerciali. L’eventualità che il bene appartenga a un soggetto estero, o che sia detenuto all’estero, non toglie efficacia all’operazione, anche se occorre preliminarmente verificare (con le usuali regole) se la plusvalenza latente sarebbe imponibile in Italia. I calcoli di convenienza sono gli stessi del 2016. Per le partecipazioni, l’affrancamento di valore evita al contribuente di sostenere in sede di successiva cessione (o permuta, conferimento, e così via) l’imposta dovuta sulla plusvalenza, sino all’importo periziato e soggetto ad imposta sostitutiva. Il prelievo sarebbe pari al 26% per le partecipazioni non qualificate e alla propria aliquota marginale sul 49,72% del plusvalore per le partecipazioni qualificate. Per cui: nel primo caso, affinché l’affrancamento risulti conveniente, la plusvalenza deve essere superiore al 30,77% del valore di mercato del titolo; nel secondo, invece, ipotizzando una aliquota Irpef marginale complessiva del 43%, la plusvalenza deve superare il 37,5% del valore di mercato. I due parametri dimostrano, indirettamente, come attualmente la tassazione della plusvalenze da partecipazione sia “punitiva” proprio per i soci minori (non qualificati): in effetti la “tassazione secca” del 26% è sempre maggiore di quella ordinaria sulla quota imponibile del plusvalore (il 43% del 49,72% è di poco superiore al 21%). Per le future plusvalenze qualificate, la convenienza per l’imposta sostitutiva dovrebbe a breve incrementarsi (si veda Il Sole 24 Ore del 17 gennaio). Più complesso il calcolo riferito ai terreni, dal momento che questi ultimi possono essere agricoli (e, quindi, non plusvalenti se pervenuti per successione o ceduti dopo oltre 5 anni di possesso), edificabili (per cui, in caso di cessione senza affrancamento, soggetti a tassazione separata della plusvalenza) oppure lottizzati (a cui si applicano le particolari regole di cui all’articolo 68, comma 2, Tuir). Da evitare, in quanto attentamente monitorate dagli uffici che ne contestano il carattere abusivo, le operazioni circolari di cash out, in cui la quota rivalutata viene ceduta a una società riconducibile al medesimo cedente, che la paga con somme provenienti dall’incasso dei dividendi. Inoltre, l’affrancamento di valore non ha alcun effetto positivo in caso di recesso “tipico” dalla società. Allo stesso modo, non conviene in tutte le altre ipotesi (ad esempio in sede di liquidazione) in cui ciò che viene incassato non è un capital gain (plusvalenza) ma un reddito di capitale, anche nel caso in cui a essere distribuite sono riserve di capitale (circolare 16/E/2005).

Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
geom. Maurizio Verdi
Collegio e Associazione Geometri 
della Provincia di Reggio Emilia