LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA
Lo slalom per ottenere i benefici
L’ultima “apertura” dell’agenzia delle Entrate risale al 27 aprile scorso, quando la risoluzione 53/E ha sancito che chi compra la “prima casa”, dichiarando che in quel Comune svolge la propria attività lavorativa, può in seguito rettificare la dichiarazione (con un nuovo atto), sostenendo invece che lì intende trasferire la residenza (entro 18 mesi dal rogito). Pochi giorni prima, rispondendo al question time presso la commissione Finanze della Camera, il ministero dell’Economia aveva “esteso” l’agevolazione al caso inverso: cioè a chi dichiara di voler trasferire la residenza entro 18 mesi, non può farlo, e corregge con un nuovo atto dimostrando che in quel Comune svolgeva in realtà il proprio lavoro al momento del rogito. Nel corso del tempo, sono state diverse le interpretazioni accolte per allargare i paletti fissati dalla normativa sulle agevolazioni fiscali per l’acquisto dell’abitazione principale. Aperture concesse anche per non frenare le compravendite e andare incontro alle famiglie, che nel frattempo – pur di “agganciare” gli sconti fiscali – si muovono intestando una casa al marito e un’altra alla moglie, e l’eventuale terzo immobile ai figli. L’esperienza notarile dimostra che gli acquirenti tentano in tutti i modi di non perdere i vantaggi fiscali, vista soprattutto l’evidente differenza di costo che ne potrebbe risultare. «Ma non solo – osserva Giampaolo Marcoz, consigliere nazionale del Notariato con delega alla comunicazione – perché, anche all’interno degli acquisti agevolati, i contribuenti preferiscono nettamente gli immobili ceduti da altri privati e quindi non soggetti a Iva (o, al limite, ceduti da imprese che vendono in regime di esenzione). La preferenza deriva dalla disparità di trattamento, cioè dal carico fiscale più basso. Una stortura del sistema che finisce in definitiva per disincentivare e penalizzare le nuove costruzioni da parte delle imprese, in un periodo non certo florido per l’edilizia in genere». Ad esempio, per un’abitazione con prezzo di 150mila euro e rendita catastale di 450, l’acquisto in “prima casa” da un privato costa 1.039,5 euro di imposta di registro proporzionale (2%), più imposte ipocatastali per 100 euro. Mentre la stessa casa venduta da un’impresa costerebbe 6mila euro di Iva (agevolata al 4%), più altri 920 euro (per imposta di registro, ipocatastale, bollo, trascrizione, voltura). «La disparità di trattamento – prosegue il notaio – è accentuata, nei due casi, dalla diversa base di calcolo». L’imposta di registro proporzionale (2% al posto del 9%) è infatti calcolata sul cosiddetto “prezzo-valore”: la rendita catastale (450 euro) moltiplicata per il coefficiente “prima casa” (115,5). L’Iva (al 4% anziché al 10%, o al 22% per gli immobili di lusso) è invece calcolata direttamente sul prezzo dichiarato nel contratto di compravendita, vale a dire su 150mila euro. L’applicazione del “prezzo-valore”, inoltre, avviene solo quando acquirente e venditore sono entrambi privati: perché se il venditore è un privato e l’acquirente un’impresa, l’imposta di registro proporzionale si applica anche qui sul prezzo di compravendita (come per l’Iva). Resta il fatto che per ottenere i benefici “prima casa” ai contribuenti è richiesto uno slalom tra requisiti, a volte davvero complesso. Innanzitutto, l’abitazione non deve essere di pregio (cioè in categoria A/1, A/8 e A/9). E deve essere ubicata nel Comune in cui l’acquirente ha già la residenza o si impegna a trasferirla entro 18 mesi dal rogito; oppure nel Comune in cui svolge la propria attività di studio o lavoro; o dove ha sede il datore di lavoro (se l’acquirente si trasferisce dall’estero per motivi di lavoro); o in qualsiasi Comune (se l’acquirente è un italiano emigrato all’estero, senza altre case in Italia). In più, nell’atto di acquisto, il compratore è tenuto a dichiarare di non essere titolare (esclusivo o in comunione con il coniuge) di un’altra abitazione nel territorio del Comune dov’è situata la casa oggetto della compravendita; e di non essere titolare su tutto il territorio nazionale, neppure per quote, anche in regime di comunione legale, di un’altra casa comprata con le agevolazioni “prima casa”. Sono questi i paletti tra cui divincolarsi, e che avrebbero forse bisogno di un’ulteriore semplificazione, anche in virtù dell’importanza del “bene primario” ribadita dalle stesse Entrate.
Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
geom. Maurizio Verdi
Collegio e Associazione Geometri
della Provincia di Reggio Emilia