comunicazioni commissioni

Com. 8 Condominio, Fisco immobiliare – informa “Aree cedute da parenti: rivendite nel mirino”

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LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA

Aree cedute da parenti: rivendite nel mirino

La donazione ai familiari di immobili, ceduti poi a terzi con una totale o elevatissima detassazione della plusvalenza IRPEF è un’operazione che finisce spesso nel mirino del Fisco. Simulazione, interposizione reale e fittizia, evasione, elusione, abuso, risparmio d’imposta. Raramente un’unica fattispecie giuridica ha richiamato tanti concetti a volte differenti tra loro, con l’effetto di rendere non univoco l’esito del contenzioso anche presso la stessa Cassazione. In base all’art. 67, comma 1, lettera b) del T.U.I.R. (D.P.R. 917/1986) sono imponibili come redditi diversi «in ogni caso» le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.

Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
geom. Maurizio Verdi
Collegio e Associazione Geometri 
della Provincia di Reggio Emilia

Com. 8 Condominio, Fisco immobiliare – informa “L’addio all’immobile inutile non piace allo Stato”

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LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA

L’addio all’immobile inutile non piace allo Stato

Sembra che lo Stato proprio non gradisca di diventare proprietario di beni immobili a seguito della rinuncia al diritto di proprietà da parte del proprietario: l’indicazione arriva in una nota del 15 marzo 2018 del ministero della Giustizia (Ufficio centrale archivi notarili) che dà conto di una nota (prot. n. 137950 del 14 marzo 2018) dell’Avvocatura generale dello Stato. Il ministero spiega che l’Avvocatura ha esaminato «le principali problematiche» circa «l’ammissibilità» della rinuncia, dei «limiti che potrebbero riscontrarsi» e dei suoi «effetti». L’Avvocatura, inoltre, evoca possibili cause di nullità della cosiddetta rinuncia abdicativa alla proprietà immobiliare e la possibile responsabilità del rinunciante per i danni a cui questi abbia dato causa con il fatto proprio omissivo. Documenti meno recenti sulla poca disponibilità dello Stato di divenire proprietario di immobili a seguito di rinuncia sono, ad esempio, una raccomandata della Direzione regionale del Lazio dell’agenzia del Demanio (prot. 4854/2017 del 26 ottobre 2017) e, anteriormente, una nota della Avvocatura distrettuale dello Stato della Toscana (prot. n. 22239/2007 del 12 marzo 2008). Tutto nasce, in diritto, dalla considerazione che l’articolo 827 del Codice civile afferma l’appartenenza al patrimonio dello Stato dei «beni immobili che non sono di proprietà di alcuno»; e, nell’esperienza quotidiana, dal fatto che il proprietario di un bene immobile a volte ritrae, da questa situazione, uno stato di disagio se non di svantaggio: si pensi al caso in cui un soggetto erediti un fabbricato fatiscente oppure un appezzamento di terreno sperduto in un territorio montano, che siano invendibili (perché nessuno voglia comprarli, anche per un prezzo solamente simbolico) e di cui il proprietario non sappia che farsene. Per non parlare del tempo occorrente per occuparsene o della necessità di investire denaro per manutenzioni, riparazioni o radicali ristrutturazioni. Gli immobili possono essere “fastidiosi” anche perché producono non solo tassazione in capo al rispettivo proprietario, ma pure la sua responsabilità civile nel caso in cui da essi derivi un danno a terzi (come quando un albero cada sulla proprietà altrui o un fabbricato, a causa di un crollo, danneggi un passante, eccetera). Anche se, a prima vista, l’affermazione sembra strana, alla proprietà (o alla quota di comproprietà) “fastidiosa” in effetti dovrebbe potersi legittimamente rinunciare (come, d’altronde, a un qualsiasi altro diritto): una confortante assicurazione in questo senso è rappresentata da uno studio del Consiglio nazionale del Notariato (lo studio n. 216-2014/C del 21 marzo 2014), elaborato a fronte della circostanza che, in situazione di crisi economica, non pochi sono stati, in tutta Italia, i casi in cui è stata professionalmente prospettata la questione di come potersi liberare da proprietà non volute. In altre epoche, nelle quali le tasse locali erano di minore impatto e dove il miglior tenore di vita non sollecitava riflessioni del genere, il problema della proprietà fastidiosa non si poneva. Oggi, invece, avere a che fare con immobili di nessuna utilità e, anzi, produttivi di costi e patemi, sollecita a dismettere queste proprietà. Ma si può rinunciare al diritto di proprietà? E cosa succede in caso di rinuncia? Come già osservato, il diritto di proprietà rinunciato diviene di titolarità dello Stato (articolo 827 del Codice civile); invece, se si rinuncia a una quota di comproprietà, questa rinuncia provoca un’espansione del diritto di comproprietà degli altri comproprietari. Costoro, se a loro volta non gradiscono l’altrui rinuncia, non possono certo impedirla, ma possono pur sempre rinunciare alla rispettiva loro quota di comproprietà, e ciò fino a che il bene già oggetto di comproprietà non divenga di proprietà di un unico comproprietario. Questi può, infine, rinunciare al suo diritto con l’effetto, anche qui, che del bene in questione diviene proprietario lo Stato. Resta da vedere, tuttavia, come la nota dell’Avvocatura dello Stato impatterà su una prassi consolidata fondata sul Codice civile. Il testo del 14 marzo, infatti, invita da un lato il rinunciante a comunicare il relativo atto al Demanio e, dall’altro, – per il tramite dei Consigli notarili – fa “pressing” sui notai che ricevono atti di rinuncia a fare altrettanto in modo che il competente ufficio del Demanio possa «adottare tutte le iniziative opportune anche a tutela della pubblica incolumità, nelle more dell’eventuale esperimento dell’actio nullitatis».

Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
geom. Maurizio Verdi
Collegio e Associazione Geometri 
della Provincia di Reggio Emilia

Com. 8 Condominio, Fisco immobiliare – informa “Imu alle stelle per i fabbricati rurali in costruzione”

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LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA

Imu alle stelle per i fabbricati rurali in costruzione

Può un terreno agricolo, su cui è in corso la costruzione di un fabbricato rurale, trasformarsi in un’area edificabile, anche se solo temporaneamente? A questa domanda si sarebbe portati a rispondere (guidati dal buon senso) in modo decisamente negativo. Eppure è proprio quello che sta succedendo, per effetto di vari accertamenti operati dai Comuni, che hanno trovato recentemente accoglimento anche dalla Cassazione. In base all’articolo 2, comma 1, lettera b), del Dlgs 504/1992, per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità. Tuttavia, secondo la Cassazione (ordinanza 29192/2017 del 6 dicembre scorso) un terreno agricolo, per il quale è stata rilasciata dal Comune una concessione edilizia per la costruzione di un fabbricato rurale (nella fattispecie da adibire alla conservazione e lavorazione dei prodotti agricoli), nel periodo di esecuzione dei lavori si “trasforma” in area edificabile, essendo stato distolto dall’esercizio delle attività previste dall’articolo 2135 del Codice civile. Conseguentemente, nel caso di specie si doveva versare l’Ici (oggi l’Imu e la Tasi) sul valore dell’area fabbricabile «indipendentemente che sia tale o meno in base agli strumenti urbanistici, venendo meno la ragione agevolativa della natura agricola, connessa ai rischi di tale attività». Desta notevole sorpresa questa conclusione che, anche se richiama alcuni precedenti (pronunce 27096/2016 e 10082/2014, quest’ultima, tuttavia, non riguarda un fabbricato rurale), appare in contrasto con le norme vigenti. La Corte, sovvertendo l’esito del giudizio favorevole al contribuente tanto in primo quanto in secondo grado, sostiene che i lavori di costruzione o di recupero edilizio distoglierebbero il suolo dalla sua natura agricola, facendolo divenire area edificabile. Citando la risoluzione 209/E/1997, la Cassazione parla di «finzione giuridica», in base alla quale, ai sensi del comma 6 dell’articolo 5 del Dlgs 504/92, durante i lavori di utilizzazione edificatoria (per costruzione; per demolizione e ricostruzione; per esecuzione di lavori di recupero edilizio), il suolo interessato deve, comunque, essere considerato area fabbricabile, indipendentemente dal fatto che sia tale o meno in base agli strumenti urbanistici. Si arriverebbe al paradosso che l’area in questione, posseduta e condotta da coltivatore diretto o Iap, non verserebbe alcun tributo sino al rilascio della concessione edilizia, per poi pagare Imu e Tasi piena sul valore dell’area edificabile durante i lavori di costruzione, ed infine (a costruzione terminata) versare la sola Tasi ridotta se istituita per le costruzioni rurali. Ad avviso di chi scrive, non vi è nessuna disposizione che sostiene che un terreno agricolo su cui si sta costruendo (o ristrutturando) un fabbricato rurale divenga un’area edificabile, per quanto anche le aree agricole abbiano un limitato indice di edificabilità legato alle attività realizzate. Per l’Iva (articolo 2, del Dpr 633/72), non costituisce utilizzazione edificatoria la costruzione delle opere all’articolo 9, lettera A della legge 10/1977, che sono appunto le costruzioni rurali. L’unica «finzione giuridica» prevista dal legislatore va in senso opposto, ossia (articolo 2 del Dlgs 504/92) considera «non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai soggetti indicati nel comma 1 dell’articolo 9, sui quali persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali». Ma qui, questa disposizione non c’entra nulla perché l’area è e rimane agricola anche dopo la concessione edilizia rilasciata dal Comune.

Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
geom. Maurizio Verdi
Collegio e Associazione Geometri 
della Provincia di Reggio Emilia

Com. 8 Condominio, Fisco immobiliare – informa “Più controlli del Fisco sui professionisti”

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LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA

Più controlli del Fisco sui professionisti

Più controlli, accertamenti e indagini del Fisco sui professionisti. Le verifiche programmate sugli studi, insieme a quelle sulle piccole imprese, sono 140mila quest’anno, in linea con l’anno scorso. Ma sono destinate a crescere al ritmo di 10mila in più nel 2019 e nel 2020. Questi sono gli obiettivi che l’agenzia delle Entrate ha messo nero su bianco nell’ultimo piano degli indicatori di bilancio. Numeri che – a tendere – alzano il livello d’attenzione, se è vero che tra il 2015 e il 2016 la Corte dei conti aveva registrato un calo del 26% degli accertamenti, fermi appunto a poco più di 100mila due anni fa e poi risaliti a 142.700 l’anno scorso. Così, dopo il calo della maggiore imposta accertata, dai circa 10 miliardi del 2015 ai 6,8 dell’anno seguente, ora il Fisco sembra voler invertire la tendenza. Con quali strumenti, però, sarà tutto da scoprire. Di certo, le cifre ufficiali certificano il declino degli studi di settore: basti pensare che per uno studio medico la possibilità di inciampare in Gerico tra il 2013 e il 2016 è scesa da un già modesto 1,6% allo 0,8 per cento. Mentre per gli avvocati e i consulenti del lavoro il “rischio” è ancora più basso. Molto più utilizzate, invece, sono le strategie di controllo che puntano a ricostruire gli importi non dichiarati partendo da indizi più o meno probanti: dall’agenda degli appuntamenti ai consumi di carta e materiali di cancelleria. In questo filone, tra i trend che hanno fatto più discutere c’è l’utilizzo dei viaggi autostradali registrati dal Telepass, che in alcuni casi sono stati contestati in quanto incompatibili con il giro d’affari dichiarato. Tra gli aspetti monitorati dal Fisco anche le prestazioni gratuite svolte dai professionisti, effettuate partendo dalle «rinunce al compenso» o dai cosiddetti «nulla a pretendere» rilasciati alla clientela. Nel raccontare le strategie dell’amministrazione finanziaria, non va sottovalutato l’impatto della crisi economica, che non ha certo risparmiato i professionisti. Detto diversamente: il calo del dichiarato non è riconducibile semplicisticamente al sommerso. Secondo i dati dell’Associazione previdenziale degli enti privati-Adepp, l’ultimo anno in cui i redditi medi sono aumentati è stato il 2009. Da lì in avanti la discesa è stata continua e nel periodo 2010-2016 ha tagliato i redditi medi dei liberi professionisti dell’11,3%, facendoli scendere da 38mila a meno di 34mila euro. Anche per questo sarà interessante vedere l’evoluzione delle cifre medie accertate nei prossimi anni. La Corte dei conti rileva per il 2016 una media di circa 12mila euro, importo che può apparire modesto in valore assoluto, ma che va rapportato – per l’appunto – al giro d’affari dei soggetti coinvolti. Guardando ai dati dichiarati ai fini degli studi di settore per l’anno d’imposta 2015, che pure non sono perfettamente sovrapponibili con l’imponibile previdenziale monitorato dall’Adepp, si vede che quattro professionisti su dieci hanno compensi e ricavi inferiori ai 30mila euro, con una media che – includendo anche i soggetti non congrui – supera di poco i 14.500 euro all’anno. Per quanto gli studi di settore siano sempre meno usati come strumenti di accertamento – come si è detto – i dati delle Finanze offrono comunque un altro interessante spaccato della categoria. In termini di aderenza ai risultati del software Gerico, i professionisti superano tutte le altre tipologie di contribuenti (commercio, servizi, estrazione e manifatture). Tra coloro che dichiarano meno di 30mila euro di ricavi, la percentuale dei soggetti non congrui e non adeguati si ferma al 19%, mentre negli altri comparti non scende mai sotto il 30 per cento. Ancora più netto lo scarto se si sale sopra i 30mila euro di compensi e ricavi: qui la quota di chi non è congruo e non si adegua scende al 10% contro percentuali (almeno) doppie registrate negli altri settori.

Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
geom. Maurizio Verdi
Collegio e Associazione Geometri 
della Provincia di Reggio Emilia

Com. 8 Condominio, Fisco immobiliare – informa “Nel modello Redditi Pf entra il sisma bonus per le aree a basso rischio”

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LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA

Nel modello Redditi Pf entra il sisma bonus per le aree a basso rischio

Ritocchi a Redditi Pf e 770 con il provvedimento diffuso ieri dalle Entrate. Con riferimento a Redditi persone fisiche, vengono sanati alcuni errori materiali, refusi ed errati rimandi a norme non attinenti, riscontrati dopo la pubblicazione sul sito internet. È l’occasione buona anche per qualche chiarimento ulteriore nelle relative Istruzioni dei fascicoli 1 e 2 allegate. Entrando nel merito, per quanto attiene alla modulistica è stato corretto l’errato riferimento, nel rigo RV11 colonna 2, al modello 730/2017 anziché 2018. Inoltre, esaminando le modifiche intervenute nelle istruzioni del fascicolo 1: nel quadro RP sezione III, afferente alle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio ed antisismiche, è stato allargato il perimetro oggettivo di applicazione della detrazione, riferito a tutte le tipologie antisismiche (50%, 70%, 75%, 80% e 85% rispettivamente codificate con i codici 5,6,7,8 e 9), anche alla zona sismica 3; nel nuovo quadro LC, relativo alla cedolare secca sulle locazioni, viene colmata la lacuna sulla scadenza, senza maggiorazione, della prima rata di acconto (40%) con l’inserimento della data del 2 luglio; nel quadro RN, inerente alla determinazione dell’Irpef, al rigo RN30, credito d’imposta, con riferimento alla scuola, la correzione riguarda il calcolo di spettanza dello stesso. Infatti, nella formula «totale credito spettante», era stata omessa la percentuale di detrazione del 65% che andava a moltiplicare l’importo dell’erogazione liberale in denaro in favore di tutti gli istituti del sistema nazionale di istruzione, comprese le istituzioni scolastiche statali e paritarie private (CR15 col.3), relativa all’annualità 2016, da ripartirsi in tre rate costanti. Spostando il focus sulle principali modifiche al fascicolo 2, relativamente alle istruzioni: nel quadro RL «Altri redditi» alla sezione I-A «redditi di capitale», relativamente al rigo RL1, utili ed altri proventi equiparati, alla colonna 3 – ritenute, il corretto riferimento alla Certificazione relativa agli utili ed agli altri proventi equiparati (Cupe) è il punto «41 – Ritenuta» invece che «38 – Netto frontiera» a seguito delle modifiche apportate dal provvedimento di approvazione del 12 gennaio 2018; nel quadro RR «contributi previdenziali», sezione II «contributi previdenziali dovuti dai liberi professionisti iscritti alla Gestione separata dell’Inps», nella compilazione del rigo RR5 vengono aggiornati i limiti di reddito minimali e massimali, rettificando detti importi con quelli relativi all’annualità corretta 2017 anziché 2018. Pertanto, gli ammontari sono rispettivamente per il 2017 euro «15.548 e 100.324» e per il 2018 «15.710 e 101.427». Con specifico riguardo a quest’ultimo massimale, si segnala l’errata indicazione nel provvedimento correttivo (si veda la circolare Inps n. 18 del 31 gennaio 2018). Stessa svista, relativamente al massimale, è ripetuta con riguardo alla descrizione della colonna 17 del medesimo rigo RR5. Da ultimo, nella Sezione III, contributi previdenziali dei soggetti iscritti al Cipag, viene corretta la colonna «Contributo maternità 2018» della tabella riepilogativa dei contributi, aggiornando l’importo dovuto dell’anno pari a 12 euro (anziché 8 euro).

Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
geom. Maurizio Verdi
Collegio e Associazione Geometri 
della Provincia di Reggio Emilia

Com. 8 Condominio, Fisco immobiliare – informa “Dagli 80 euro al bonus casa, tutti gli sconti fiscali a rischio”

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LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA

Dagli 80 euro al bonus casa, tutti gli sconti fiscali a rischio

Un taglio secco del bonus da 80 euro introdotto nel 2014 da Renzi. Ma anche una potente sforbiciata alle agevolazioni per gli interventi di edilizia residenziale e un giro di vite agli sconti sulle spese sanitarie, magari introducendo una progressività che azzeri la detrazione oltre una certa soglia di reddito. Potrebbe essere aperto con mosse di questa portata il “vaso di Pandora” delle tax expenditures se, a guidare il nuovo Governo, ci sarà tra qualche settimana chi vuol varare la flat tax o, in alternativa, dare all’Italia il reddito di cittadinanza. Reperire le coperture ampie e indispensabili per varare riforme in netta discontinuità con l’ultima legislatura potrebbe rivelarsi più semplice del previsto se, chi lo fa, è pronto a garantire che i nuovi benefici supereranno i costi. E così il riordino di tante misure di esenzione, esclusione, riduzione dell’imponibile o dell’imposta o, ancora, dei diversi regimi di favore che comunemente chiamiamo “spese fiscali” potrebbe tornare prepotentemente al centro dell’agenda. Tagli per reperire 15 o 20 miliardi, quanto basta per finanziare un primo modulo della tassa piatta, come detto, o l’avvio del nuovo sussidio universale. Operazioni lontane anni luce dall’approccio più realista di chi, sulla base dell’ultimo monitoraggio sulle tax expenditures, aveva indicato un riordino possibile per garantire non più di 5-10 miliardi di maggiori entrate. La Commissione per le spese fiscali istituita al Mef con il compito di monitorare anno per anno l’evoluzione di queste componenti del nostro sistema tributario, nell’ultimo rapporto annuale presentato a fine ottobre, ha conteggiato 466 spese fiscali, cui corrispondono minori entrate per 54,2 miliardi nel 2018 che salgono a 54,9 nel 2019. In questo insieme sono comprese 22 voci con effetti fiscali trascurabili e 152 con costi fiscali neppure quantificabili. La metodologia analitica adottata dalla Commissione non comprende tra le tax expenditures diverse voci che erano invece considerate nelle precedente ricognizione, eseguita sotto la regìa di Vieri Ceriani, che arrivò a contare una sessantina di voci in più. E dall’elenco sono pure escluse oltre 170 tax expenditures che riguardano la fiscalità locale. Mauro Marè, presidente della Commissione, ha recentemente ipotizzato sul Sole 24 Ore tre possibili interventi per un riordino soft. Il primo: un taglio orizzontale sulle detrazioni, dal 19 al 17%, che garantirebbe 630 milioni circa in più l’anno, mentre si salirebbe a 1,5 miliardi se il taglio salisse dal 19 al 15 per cento. Il secondo: fissare un tetto agli sgravi, con un sistema di franchigie attentamente calibrato per garantire maggiori entrate fino a 1,2 miliardi. Ultima opzione: rendere decrescente il sistema delle detrazioni degli oneri fiscali individuati per garantire una maggiore progressività del sistema. Per esempio ponendo un limite massimo a 75mila euro si potrebbe garantire un altro miliardo e mezzo di maggior gettito. Questo mix di interventi, però, sarebbe stato in continuità con il Governo Renzi prima e Gentiloni poi. Ma il nuovo Esecutivo sarà diverso. E anche la sua politica fiscale potrebbe rivelarsi molto diversa se adottata con provvedimenti immediati e sostenuti da un’ampia e solida maggioranza parlamentare. La giungla degli sconti fiscali, del resto, offre scelte infinite a chi volesse tagliare usando il machete della discontinuità e senza porre troppa attenzione alla progressività del prelievo fiscale. Ecco alcuni esempi. Le detrazioni fiscali a sostegno degli interventi di ristrutturazione edilizia e di efficientamento energetico degli edifici, oggi unico vero volàno dell’edilizia, assorbono risorse complessivamente per oltre 7 miliardi di euro con una platea di circa 10 milioni di contribuenti, anche se – essendo i bonus a recupero decennale – il costo annuo per lo Stato comprende anche le rate degli investimenti effettuati dai contribuenti negli anni precedenti. Inoltre, il Movimento 5 Stelle da sempre ha messo nel mirino i 18 miliardi delle agevolazioni e delle sezioni di cui beneficia il settore dell’energia delle fonti fossili per reindirizzarli sulle rinnovabili. Toccare le spese sanitarie, invece, significa andare a coinvolgere oltre 17 milioni di contribuenti che oggi beneficiano di una detrazione pro capite di 178 euro. Di fronte a una nuova flat tax proposta dal Centrodestra potrebbe persino essere considerata di troppo la cedolare secca sugli affitti, che oggi erode gettito per poco più di 1,6 miliardi euro ed è usata da 1,8 milioni di soggetti Irpef che si assicurano un vantaggio fiscale pro capite di 874,9 euro.

Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
geom. Maurizio Verdi
Collegio e Associazione Geometri 
della Provincia di Reggio Emilia

Com. 8 Condominio, Fisco immobiliare – informa “Prima casa, superficie sotto tiro”

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LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA

Prima casa, superficie sotto tiro

Nel mirino del Fisco finisce la qualifica di lusso delle abitazioni acquistate come “prima casa” direttamente dal costruttore da parte di persone fisiche. Quello che si concentra sulle compravendite immobiliari è un filone accertativo consolidato, che negli ultimi tempi – stando alle segnalazioni arrivate al Sole 24 Ore – pare essersi arricchito di un nuovo profilo: la negazione della qualifica di lusso in relazione atti stipulati fino al 13 dicembre 2014 (data di entrata in vigore del Dlgs 175/2014). I vantaggi, per i contribuenti persone fisiche che comprano una “prima casa”, sono i seguenti: in caso di atti di trasferimento soggetti a imposta di registro, si applica l’aliquota del 2% (con il minimo di 1.000 euro), anziché quella del 9%, e le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 50 euro ciascuna; in caso di atti soggetti a Iva, si applica l’aliquota del 4% (anziché quella del 10% o del 22% a seconda dei casi) e l’imposta di registro fissa di 200 euro, oltre le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna. Il punto che qui interessa è che, oltre agli altri requisiti fissati dalla normativa per accedere alla “prima casa”, ne serve anche uno che è stato modificato di recente e in modo non contemporaneo per gli atti soggetti a registro e a Iva. Infatti, con la “vecchia” disciplina occorreva che l’abitazione non fosse qualificabile come di lusso in base ai criteri dettati dal Dm Lavori pubblici 2 agosto 1969; in base a quella “nuova”, invece, la casa non deve essere ricadere nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. In particolare: per gli atti soggetti a registro, la nozione catastale ha sostituito la “lussuosità” così come definita dal Dm 2 agosto 1969 a partire dal 1° gennaio 2014 (dall’entrata in vigore dell’articolo 10, comma 1, lettera a) del Dlgs 23/2011); per gli atti soggetti a Iva, invece, il cambio è scattato solo a partire dal 13 dicembre 2014 (dall’entrata in vigore del Dlgs 175/2014).  Il Dm Lavori pubblici del 2 agosto 1969 classifica, tra l’altro, all’articolo 6 come “di lusso” «le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)». Proprio con riferimento agli atti stipulati fino al 12 dicembre 2014 e relativi ad acquisti di abitazioni “prima casa” direttamente dai costruttori, gli uffici si soffermano spesso a controllare a tavolino innanzitutto la superficie degli immobili acquistati, ad esempio partendo dalla superficie che risulta in catasto. Se da questo controllo emerge che la superficie dell’immobile acquistato prima del 13 dicembre 2014 è superiore a 240 metri quadrati, il Fisco provvede all’immediata revoca dell’agevolazione “prima casa” per assenza dei requisiti necessari alla sua classificazione come “immobile non di lusso” e alla contestuale notifica di un atto in cui viene, conseguentemente, riliquidata la maggiore Iva calcolata secondo l’aliquota ordinaria del 22%, con l’irrogazione della sanzione pari al 30% della maggiore imposta. Generalmente, in questi casi non è ammesso l’accertamento con adesione. Ne consegue che, entro 60 giorni dal ricevimento dell’atto, il contribuente è chiamato a difendersi, provando – anche magari in autotutela e/o in sede contenziosa – a spiegare le proprie ragioni e gli errori di calcolo della superficie in cui sarebbe incorso l’ufficio (ove possibile, naturalmente). In particolare, occorrerà dimostrare che la superficie utile dell’unità immobiliare acquistata è inferiore a 240 metri quadrati, così come calcolata da un perito che si attenga scrupolosamente ai criteri del Dm del 1969 (vigente all’epoca dell’atto di compravendita) e dal consolidato orientamento giurisprudenziale. In subordine, potrebbe essere utile censurare l’applicazione della sanzione perché irrogata in violazione del principio del favor rei, sancito dall’articolo 3, comma 3 del Dlgs 472/97. Pur riconoscendo che la nuova disciplina introdotta dal Dlgs 23/2011 ai fini dell’imposta di registro e dal Dlgs 175/2014 ai fini Iva, non ha applicazione retroattiva, la Cassazione ha stabilito che la stessa comporta l’applicazione del principio del favor rei in relazione alle sanzioni, dato che non può configurarsi il falso in relazione a una dichiarazione che attualmente l’ordinamento non considera più rilevante ai fini dell’applicazione del beneficio (tra le altre, Cassazione, sentenze 11621/2017 e 3357/2017).

Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
geom. Maurizio Verdi
Collegio e Associazione Geometri 
della Provincia di Reggio Emilia

Com.ne 4 – Riscontro sondaggio aggiornamento ruolo Coordinatori Sicurezza

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Reggio Emilia, 14/03/2018

Egregi Colleghi,
preso atto dell’esiguo numero di professionisti che ancora devono terminare l’aggiornamento delle 40 ore per Coordinatori della Sicurezza, si comunica che il Collegio non provvederà a organizzare altri Seminari oltre a quello già in calendario per il 19 Aprile p.v., di cui siamo promotori e che vede coinvolti tutti gli Ordini e Collegi della nostra provincia – per ora non ancora pubblicizzato.
Vi invito pertanto a provvedere per tempo al completamento del vostro percorso di aggiornamento formativo.
Cordiali saluti.

Com.ne 4 sicurezza cantieri, luoghi di lavoro
IL REFERENTE
Gibertini Giovanni