LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA
Il giudice può rivedere la valutazione del terreno
Se il giudice tributario non ritiene fondata la valutazione del terreno da parte dell’agenzia delle Entrate, può rideterminare autonomamente la nuova stima dell’area. A fornire questo chiarimento è la Corte di cassazione con l’ordinanza 1728 depositata ieri. L’agenzia delle Entrate rettificava, ai fini dell’imposta di registro, il valore dichiarato nella compravendita di un terreno. Il provvedimento veniva impugnato da tutte le parti coinvolte nell’atto di trasferimento. La Ctp respingeva il ricorso, mentre il collegio di appello, adito dai contribuenti, annullava la pretesa ritenendo che la determinazione dell’Ufficio fosse fondata sulla comparazioni di terreni in realtà differenti, perché sebbene siti nella stessa zona di destinazione urbanistica, erano già urbanizzati. L’Agenzia ricorreva così in Cassazione avverso la sentenza della Ctr lamentando, in estrema sintesi, un’errata interpretazione della norma, poiché il giudice avrebbe dovuto sostituire la valutazione dell’ufficio considerando una percentuale dei costi di urbanizzazione. In sostanza secondo la tesi dell’agenzia delle Entrate, una volta ritenuta infondata la pretesa dell’Ufficio, il giudice di appello avrebbe dovuto comunque individuare un valore venale da porre base della compravendita e quindi della rettifica. La Suprema corte ha innanzitutto rilevato che l’amministrazione finanziaria non aveva fornito la prova a sostegno del maggior valore, limitandosi a un confronto con altri terreni. Detto confronto però era stato ritenuto errato dal collegio di merito con una valutazione non censurabile in sede di legittimità. Con riferimento poi alla doglianza dell’Ufficio sulla necessità da parte della Ctr di stabilire un “nuovo” valore del terreno, la Cassazione ha fornito alcuni interessanti principi. Innanzitutto viene ricordato che il giudizio tributario non ha natura esclusivamente impugnatoria e di legalità formale, ma di impugnazione-merito. Ne consegue che spetta al giudice il potere (dovere) di stabilire i limiti quantitativi di fondatezza della pretesa impositiva in modo da adottare una pronuncia sostitutiva sulla sussistenza ed entità dei presupposti della pretesa. Tuttavia, la valutazione nel merito è circoscritta all’atto impositivo impugnato poiché il giudice non può considerare elementi non dedotti dall’amministrazione finanziaria nell’atto stesso. Egli, inoltre, è comunque vincolato dalla regola generale sull’onere della prova, poiché non può ricercare autonomamente prove sostituendosi all’amministrazione. Tale integrazione probatoria infatti, per consolidata giurisprudenza di legittimità, non è ammessa per sopperire a carenze istruttorie delle parti in causa, altrimenti verrebbero sovvertiti i rispettivi oneri probatori. Ne consegue che le commissioni tributarie, in caso di errore o di difetto di prova, possono confermare o annullare l’atto impositivo ma hanno anche il potere di modificare la stima operata dall’amministrazione. In tale ipotesi, il contribuente sarà tenuto a rilevare l’eventuale inesattezza ed incongruità della valutazione svolta dal giudice. Nella specie, la Ctr aveva integralmente annullato l’avviso di liquidazione poiché aveva constatato che il prezzo di trasferimento dichiarato in atto fosse sostanzialmente coincidente con il valore venale attribuibile al terreno. La Cassazione infine ha rimarcato che l’amministrazione finanziaria non può modificare o integrare nel corso del contenzioso i presupposti della propria iniziale pretesa indicati nell’atto impugnato.
Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
geom. Maurizio Verdi
Collegio e Associazione Geometri
della Provincia di Reggio Emilia