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Com. 8 Condominio, Fisco immobiliare – informa “Compravendite, prezzi sotto tiro”

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LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA

Compravendite, prezzi sotto tiro

L’attenzione del Fisco è da sempre focalizzata sulle compravendite immobiliari al fine di stanare eventuali evasioni di imposta da parte dell’acquirente e del venditore. Generalmente, infatti, se il venditore dell’immobile è un’impresa di costruzione, l’acquirente è tenuto a corrispondere all’impresa venditrice l’Iva sul prezzo di acquisto. In tal caso, dunque, i controlli sono rivolti soprattutto ai venditori per verificare se, in sede di atto, sono stati occultati corrispettivi e accertare eventualmente maggiore Iva, con la conseguente comminazione di sanzioni e relativi interessi. Qualora, invece, le vendite di immobili a uso abitativo siano effettuate nei confronti dei privati, l’acquirente può scegliere di calcolare l’imposta di registro sul valore catastale del fabbricato (determinato moltiplicando la rendita catastale rivalutata del 5% per i coefficienti 110 o 120) anziché sul prezzo di acquisto, a condizione però che nell’atto sia indicato l’effettivo importo pattuito per la cessione. Tuttavia, per legge, è previsto che la dichiarazione nell’atto di un corrispettivo inferiore a quello pattuito determina la perdita del beneficio. In tal caso, dunque, i controlli del Fisco sono rivolti soprattutto agli acquirenti per scoprire l’eventuale dichiarazione nell’atto di compravendita di un importo inferiore a quello pattuito e accertare una maggiore imposta di registro, da calcolare sul corrispettivo effettivamente pattuito (e non più sul valore catastale), oltre a sanzioni e interessi.

Le prove documentali. Partendo, dunque, da questo dato, gli acquirenti e i venditori, anche prima della compravendita immobiliare, sono chiamati a prevenire le contestazioni da parte del Fisco e a predisporre adeguate prove documentali al fine di provare l’effettiva corresponsione del corrispettivo indicato nell’atto. È comunque bene precisare che l’ufficio accertatore può solo presumere un valore di vendita più alto, ma senza per questo imporlo dal momento che il prezzo reale è affidato al libero mercato e alla libera contrattazione delle parti. Né tantomeno, il maggiore valore degli immobili determinato sulla base dei dati Omi e dei mutui erogati agli acquirenti può consentire all’amministrazione di rettificare il valore di compravendita. Sono necessari, infatti, altri riscontri per provare l’evasione da parte dell’acquirente e del venditore. Ovviamente, l’esibizione di una perizia dell’immobile acquistato, redatta in data antecedente all’atto di compravendita che asseveri la congruità del prezzo stabilito tra le parti e corrisposto dall’acquirente rispetto allo stato di conservazione dell’immobile può rendere più semplice la difesa in caso di contestazione. Occorre tener presente, infatti, che anche qualora, come sta accadendo ultimamente, l’ufficio proceda con l’accertamento immobiliare facendo non solo riferimento ai valori Omi, ma anche a una stima dell’immobile compravenduto redatta dall’Ute (ufficio tecnico erariale), la Cassazione ha statuito che tale stima ha lo stesso valore probatorio di una semplice perizia di parte, dato che l’Ute rappresenta un’articolazione della stessa amministrazione finanziaria. Pertanto, le valutazioni/stime Ute sono assistite da fede pubblica solo in relazione alla loro provenienza e non al contenuto e per questo, esse possono essere contrastate con perizie di parte (Cassazione, sentenze n. 10223/2016, n. 10221/2016 e n. 8890/2007).

La perizia. Anche per questi motivi, al fine di avere una maggiore valenza persuasiva sarebbe meglio che la perizia attestante il valore effettivo di mercato dell’immobile che si intende compravendere fosse redatta da periti (ingegneri, architetti, geometri) non legati da rapporti di parentela né all’acquirente né al venditore. Tuttavia, poiché la redazione di una perizia da parte di un tecnico comporta ovviamente un aggravio dei costi, si potrebbe in alternativa chiedere, sempre prima dell’acquisto, la redazione della perizia all’agenzia immobiliare a cui è stato affidato l’incarico di mediazione. Inoltre, al fine di avere delle evidenze documentali da produrre in caso di accertamento, è opportuno chiedere all’agenzia immobiliare (e se possibile anche ad altre agenzie) il rilascio su carta intestata delle quotazioni sul prezzo di vendita degli immobili situati nella medesima zona in cui si trova l’immobile da acquistare. Inoltre, con riferimento alle compravendite di terreni rivalutati (ex articolo 7 della legge n. 448/2001 e successive proroghe e riproposizioni), occorre tener presente che il valore risultante dalla perizia asseverata di stima eseguita dal professionista incaricato costituisce «valore minimo di riferimento» ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale. Ne consegue che, nell’ambito di un accertamento ai fini dell’imposta di registro nei confronti dell’acquirente, ove il corrispettivo o il valore indicato nell’atto o denuncia risulti inferiore al valore periziato, le imposte di registro, ipotecaria e catastale saranno riliquidate dall’ufficio delle Entrate, assumendo quale base imponibile il valore di perizia.

Il deprezzamento. Al fine, dunque, di prevenire contestazioni da parte del Fisco in caso di valori di acquisto inferiori rispetto a quelli adottati per la rivalutazione, è opportuno indicare nell’atto notarile di compravendita gli eventi che sono sopraggiunti dopo la rivalutazione e che hanno determinato un deprezzamento del terreno, imputabili ad esempio a cause naturali (quali, ad esempio, frane, alluvioni) o alla pianificazione urbanistica.

Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
geom. Maurizio Verdi
Collegio e Associazione Geometri 
della Provincia di Reggio Emilia

om. 8 Condominio, Fisco immobiliare – informa

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LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA

Bonus lavori, la svista finisce in Ctp

Realizzare lavori di ristrutturazione o di riqualificazione energetica dei fabbricati, confidare in un risparmio fiscale e trovarsi coinvolti in un contenzioso con Entrate, normalmente avviato dopo la notifica di una cartella esattoriale da parte di Equitalia. È la situazione in cui si trovano molti contribuenti, spesso destinatari del recupero del bonus fatto valere in sede di modello 730 o Unico a causa di un adempimento omesso o tardivamente eseguito, di una interpretazione dell’Agenzia o di un errore di valutazione del proprio consulente, in uno scenario di norme, decreti attuativi, circolari e risoluzioni che si sono andate sovrapponendo negli anni sino a diventare un groviglio quasi inestricabile. Il fatto, poi, che le detrazioni si sfruttino – almeno in questi ultimi anni – in dieci dichiarazioni successive rende il contenzioso una battaglia di nervi, in quanto può comportare atti di recupero dell’agevolazione ripetuti nel tempo, ciascuno dei quali autonomamente impugnabile e suscettibile di un procedimento tributario separato, a volte con esito discordante rispetto al precedente. Sia la procedura che porta all’ottenimento della detrazione sui lavori di recupero edilizio (36%-50%: articolo 16-bis del Tuir) sia, in particolare, quella per la detrazione sui lavori volti al risparmio energetico (55%-65%: articolo 1, commi 344 e seguenti, legge 296/2006) si caratterizzano per un certo grado di formalismo. Formalità utili per permettere di verificare che l’agevolazione premi i contribuenti meritevoli, ma che rischiano, in presenza di controlli caratterizzati da una eccessiva rigidità interpretativa, di penalizzare anche situazioni caratterizzate dalla assoluta trasparenza, pur con qualche pecca procedurale. Da anni l’Agenzia pubblica sul proprio sito due guide, una dedicata alle ristrutturazioni edilizie, e una che spiega le agevolazioni fiscali sul risparmio energetico, utili manuali di consultazione per chi non è esperto in materia. Nella prima si legge che la detrazione non è riconosciuta, e l’importo eventualmente fruito viene recuperato dagli uffici, quando: non è stata effettuata la comunicazione preventiva all’Asl competente, se obbligatoria; il pagamento non è stato eseguito tramite bonifico bancario o postale o è stato effettuato un bonifico che non riporta le indicazioni richieste (causale del versamento, codice fiscale del beneficiario della detrazione, numero di partita Iva o codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato); non sono esibite le fatture o le ricevute che dimostrano le spese effettuate; non è esibita la ricevuta del bonifico o questa è intestata a persona diversa da quella che richiede la detrazione (salvo deroghe ammesse); le opere edilizie eseguite non rispettano le norme urbanistiche ed edilizie comunali; sono state violate le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e quelle relative agli obblighi contributivi. La guida sul risparmio energetico non è così esplicita, anche perché i difetti nella procedura e nei documenti possono essere molti e di varia natura. Alcune contestazioni che sfociano in commissione tributaria spesso sono di tipo puramente interpretativo (si veda il grafico in pagina). Ad esempio, l’Agenzia nega la detrazione per risparmio energetico alle imprese che eseguono i lavori previsti su immobili diversi da quelli strumentali utilizzati direttamente, o perché locati (risoluzione 340/E/2008) o perché costruiti per la vendita (risoluzione 303/E/2008), nonostante l’opinione contraria diffusa in dottrina (Norma di comportamento Adc 184/2012) e nella maggior parte delle commissioni di merito (si veda Il Sole 24 Ore del 6 giugno scorso). Paradossalmente, la Cassazione – alimentando le perplessità in materia – ha negato alle immobiliari di locazione la detrazione per recupero edilizio (che spetta solo per gli immobili non strumentali e non merce: circolare 57/1998). Consiglio quindi a tutti gli iscritti di porre la massima attenzione nell’inserire nell’incarico professionale gli adempimenti di carattere fiscale o non strettamente edilizio.

Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
geom. Maurizio Verdi
Collegio e Associazione Geometri 
della Provincia di Reggio Emilia

 

Com. 8 Condominio, Fisco immobiliare – informa “Residenza entro 18 mesi dal rogito”

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LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA

Residenza entro 18 mesi dal rogito

I diciotto mesi che la legge concede all’acquirente della “prima casa” per trasferire la sua residenza nel Comune ove è ubicata l’abitazione oggetto di acquisto agevolato, decorrono dalla data del rogito anche se si tratta di una casa in corso di costruzione (o ristrutturazione): in altri termini, non si può pretendere di far decorrere questi diciotto mesi dal giorno di ultimazione dei lavori da parte dell’impresa venditrice. È questa la risposta fornita dal Governo nel corso del question time svoltosi presso la Camera dei deputati. La questione si pone non infrequentemente per chi acquista una casa in corso di costruzione e stipula il relativo rogito quando l’edificio è ancora “al grezzo”: spesso i tempi di consegna non vengono rispettati, la casa non si rende perciò abitabile, l’acquirente non riesce – di conseguenza – a trasferirvi la propria residenza e quindi non riesce a mantenere la promessa, formulata nel rogito, di trasferire la propria residenza nei diciotto mesi posteriori al rogito d’acquisto. Questa promessa (e il suo adempimento) sono infatti richiesti dalla legge sull’agevolazione “prima casa” come condizione per l’ottenimento dello sconto fiscale (e cioè, nel caso dell’acquisto da un’impresa costruttrice, l’abbattimento dell’Iva dal 10 al 4 per cento); anzi, la violazione di questa promessa comporta non solo il recupero, con gli interessi, dell’imposta ordinariamente dovuta, ma anche l’applicazione di una pesante sanzione, pari al 30 per cento della differenza tra l’importo dell’imposta ordinaria e quello dell’imposta agevolata. Il Governo non si presta dunque allo sforzo interpretativo invocato dai parlamentari interroganti, e cioè di leggere il termine dei diciotto mesi come decorrente dal giorno di fine lavori e non dal rogito. L’atteggiamento restrittivo viene motivato dando credito ad alcune recenti affermazioni della Cassazione: da un lato, la tesi (sentenze n. 7067/2014 e 20042/2015) per la quale non si vedrebbe ragione di differenziare la situazione di chi compri una casa già ultimata rispetto a chi compri una casa in corso di costruzione (invero, il fatto dei lavori in corso parrebbe una eccellente ragione per distinguere le due situazioni); d’altro lato, la tesi per la quale, in questo caso, non è configurabile un’ipotesi di “forza maggiore” tale da esimere il contribuente dall’obbligo di adempiere la sua promessa di trasferimento di residenza. Infatti, se è vero che l’evento della mancata ultimazione dei lavori non è certo imputabile al contribuente malcapitato, la Cassazione (sentenza n. 14399/2013) intende la “forza maggiore” ricorrere non solo quando l’evento non sia imputabile al contribuente, ma anche quando si tratti di un evento da qualificare come “imprevedibile”: caratteristica che evidentemente non ha la fattispecie dell’acquisto di una casa in corso di costruzione.

Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
geom. Maurizio Verdi
Collegio e Associazione Geometri 
della Provincia di Reggio Emilia

 

Com. 8 Condominio, Fisco immobiliare – informa “Sui capannoni l’Imu «si sdoppia»”

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LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA

Sui capannoni l’Imu «si sdoppia»

Per i fabbricati della categoria D, l’appuntamento Imu del 16 giugno si sdoppia, poiché per tali immobili continua a essere dovuta la quota statale di imposta. Si tratta infatti dell’unica fattispecie rimasta in cui, sulla medesima base imponibile, concorrono la riserva di imposta erariale, pari allo 0,76%, e l’eventuale maggiorazione comunale. I comuni hanno infatti il potere di elevare tale quota sino al 10,6 per mille, allo scopo di acquisire l’intera porzione di gettito eccedente la quota statale. In sede di accertamento, invece, l’intero gettito, riferito a tributo, imposta e interessi, compete al comune. Se il contribuente sta versando avvalendosi del ravvedimento, in base all’ articolo 13, Dlgs 472/97, egli dovrà ugualmente distinguere la quota dello Stato da quella del comune.

Pagamenti distinti. Nel modello F24, infatti, i pagamenti devono essere eseguiti in modo distinto, indicando gli appositi codici tributo. Questi, si ricorda, sono il 3925, per la quota Stato, e il 3930, per la parte del comune. Se il contribuente sbaglia nella indicazione del codice, ma versa correttamente l’intera cifra dovuta, il rimedio è piuttosto semplice. Basta infatti presentare al comune una istanza di correzione dei codici tributo; le conseguenti regolazioni finanziarie con lo Stato saranno effettuate dall’ente. È consigliabile presentare tale modulo correttivo entro il 30 giugno 2017, che rappresenta la scadenza ultima del ravvedimento. Non bisogna versare nessuna sanzione.

Assoggettamento alla Tasi. I fabbricati D sono in linea di principio soggetti anche a Tasi, salvo che il comune non abbia deciso di escluderli dal raggio d’azione dell’imposta. Va tuttavia osservato che se l’ente ha deliberato l’Imu nella misura massima del 10,6 per mille, a ciò indotto dalla riserva statale del 7,6 per mille, non vi è spazio per l’applicazione della Tasi. La somma di Imu e Tasi, infatti, non può eccedere l’aliquota massima dell’Imu. Fanno eccezione i comuni che hanno adottato la maggiorazione Tasi dello 0,8 per mille. Se detta maggiorazione è stata deliberata per il 2015, la legge di stabilità 2016 ne consente la conferma per l’anno in corso, purchè ciò avvenga in forma espressa con delibera adottata entro lo scorso 30 aprile. In tale eventualità, per le suddette unità dovranno essere utilizzati tre codici per il pagamento: ai codici per quota Stato e quota comune dell’Imu, si aggiunge il codice generico 3961 per la Tasi. Il totale delle imposte comunali e statali potrebbe quindi giungere all’11,4 per mille. Un’altra peculiarità di tali fabbricati riguarda le modalità di determinazione della base imponibile. Ai sensi dell’articolo 5, c. 3, Dlgs n. 504/’92, infatti, per le unità immobiliari non censite, interamente possedute da imprese e distintamente contabilizzate, in luogo del criterio della rendita presunta, si utilizza il costo contabilizzato, rivalutato sulla base degli indici ministeriali. Perché operi questo criterio speciale di tassazione, occorre la compresenza di tutte e tre le condizioni di legge. Ne consegue che se ad esempio il bene non censito non è contabilizzato in modo distinto dal possessore, in quanto il costo è indistintamente comprensivo di voci estranee a tale componente, troverà applicazione l’ordinario criterio della rendita presunta.

Quote di ammortamento. Il costo va computato al lordo delle quote di ammortamento, includendovi anche le spese incrementative. Queste ultime incideranno sulla base imponibile solo a partire dall’anno successivo a quello in cui sono state sostenute. Una volta però che è stata richiesta l’attribuzione della rendita, l’utilizzo del costo contabilizzato assume una valenza precaria, poiché dopo l’attribuzione della stessa, occorre procedere al conteggio dei conguagli, a credito o a debito, rispetto a quanto dovuto con l’imponibile catastale. Il periodo di possesso antecedente la richiesta di rendita, invece, resta regolato definitivamente con il criterio contabile, senza che si dia luogo a conguagli. Si segnala che le regole di determinazione della base imponibile sono le stesse anche per la Tasi.

Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
geom. Maurizio Verdi
Collegio e Associazione Geometri 
della Provincia di Reggio Emilia

 

Com. 8 Condominio, Fisco immobiliare – informa

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LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA

Accertamenti immobiliari. Per rettificare il valore dichiarato negli atti di trasferimento immobiliari, gli uffici dovranno considerare l’eventuale scostamento rispetto alle quotazioni Omi, quale dato iniziale. Il valore venale dovrà essere determinato confrontando più elementi: atti di immobili similari, il supporto dei funzionari-tecnici operanti nel settore catastale ed anche accedendo presso l’immobile da verificare. In quest’ultimo caso, occorrerà riconoscere al contribuente le garanzie normalmente previste nel caso di accesso presso le abitazioni private.

Accertamenti bancari. La circolare precisa che il ricorso alle indagini finanziarie è da preferirsi solo a valle di un’attenta analisi del rischio dalla quale possano emergere significative anomalie dichiarative e quando è già in corso un’attività istruttoria d’ufficio. È così suggerito agli uffici di evitare «assolutamente» ricostruzioni induttive, soprattutto se di ammontare particolarmente rilevante, effettuate senza valutare in modo attento e preciso la coerenza del risultato ottenuto con il profilo del contribuente e con l’attività dallo stesso svolta.

Contraddittorio. La circolare prevede un’estensione pressoché generalizzata del contraddittorio. L’Agenzia precisa che occorre garantire l’effettiva partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento. Il contraddittorio assume «nodale e strategica centralità per la compliance e, come tale, dovrà essere considerato un momento significativamente importante del procedimento e non un mero adempimento formale». Il confronto preventivo con il contribuente, infatti, da un lato rende la pretesa tributaria più credibile e sostenibile, dall’altro scongiura l’effettuazione di recuperi non adeguatamente supportati e motivati. Tali prescrizioni sono state previste non solo per gli accertamenti delle imposte dirette, ma anche per le rettifiche ai fini del registro ed altre imposte indirette.

Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
Collegio e Associazione Geometri 
della Provincia di Reggio Emilia

 

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LA COMMISSIONE 8 “CONDOMINIO – FISCO IMMOBILIARE” INFORMA

Ulteriore inversione della giurisprudenza di legittimità sull’onere del compratore di trasferire la sua residenza, entro 18 mesi dal rogito, nel Comune in cui è ubicata l’abitazione acquistata con l’agevolazione “prima casa”: dopo che la sentenza della Cassazione n. 2616 del 10 febbraio 2016 aveva negato il beneficio fiscale al contribuente che non fosse riuscito a trasferire la sua residenza per ragioni di «forza maggiore», la sentenza n. 8351 del 27 aprile, in aperto contrasto con la precedente, riconosce invece l’adducibilità della forza maggiore come esimente rispetto alla decadenza dal beneficio fiscale per mancato trasferimento della residenza del contribuente acquirente. Nel caso della sentenza n. 8351 si trattava, in particolare, di un trasferimento di residenza impedito dall’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria (necessità di rifacimento del tetto e della scala condominiale). La normativa sull’agevolazione per l’acquisto della prima casa consente al contribuente che non abbia residenza nel Comune ove è ubicata l’abitazione oggetto di acquisto agevolato, di trasferire la sua residenza in questo Comune entro 18 mesi dalla data in cui stipula il contratto di acquisto. L’infruttuoso decorso del diciottesimo mese genera recupero dell’imposta ordinaria e applicazione della sanzione pari al 30% della differenza tra l’imposta ordinaria e l’imposta agevolata (risoluzione n. 105/E del 2011; Cassazione nn. 10807/2012, 18378/2012, 15959/2013). Si è dunque posto spesso, nella concreta realtà quotidiana, il tema se il contribuente potesse esimersi dall’irrogazione della sanzione (Cassazione n. 2552/2003) o, addirittura, dal recupero dell’imposta ordinaria (risoluzione n. 35/E del 2002) al ricorrere di un evento di forza maggiore impediente il trasferimento della residenza: molto noto fu il caso del terremoto in Umbria, nel quale l’amministrazione riconobbe la ricorrenza della forza maggiore per il fatto che il contribuente in questione non riuscì a trasferire la propria residenza nel Comune terremotato a causa del lesionamento di una grande quantità di edifici (risoluzione n. 35/E del 2002); e anche successivamente l’agenzia delle Entrate si è dimostrata disponibile a valutare la ricorrenza della forza maggiore (risoluzione n. 140/E del 2008) in presenza di un evento, successivo al contratto di acquisto, imprevedibile per il contribuente e non dipendente dal suo comportamento (nel caso specifico si trattava della presenza di infiltrazioni d’acqua che rendevano inabitabile la casa acquistata con l’agevolazione). Dal canto suo la giurisprudenza, ovviamente orientata volta per volta dalla specificità del caso concreto, ha affrontato la questione sia in sede di merito che in sede di legittimità, offrendo decisioni variamente motivate. In particolare, la Cassazione ha ritenuto in numerose occasioni la ricorrenza del caso di forza maggiore, teorizzandolo come l’evento sopravvenuto al contratto, non fronteggiabile dal contribuente, imprevedibile, inevitabile e non imputabile al contribuente stesso (si veda ad esempio Cassazione n. 1392/2010). Con la sentenza n. 2616 la Cassazione pareva dunque aver messo la pietra tombale sulla riconoscibilità della forza maggiore, dettando il principio in base al quale il trasferimento deve essere esercitato nel prescritto termine di decadenza, «sul decorso della quale nessuna rilevanza va riconosciuta ad impedimenti sopravvenuti, anche se non imputabili all’acquirente». Con la sentenza 8351 la Cassazione torna pertanto sui suoi passi ammettendo la scusabilità del mancato trasferimento di residenza.

Commissione 8 “Condominio – Fisco Immobiliare”
Collegio e Associazione Geometri 
della Provincia di Reggio Emilia

 

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